Qualche settimana fa Cosimo ha portato Chiara in ospedale per il controllo neurologico annuale. Quest’anno, causa pandemia, abbiamo ritardato a prenotare questa visita, devo essere sincera, l’idea di andare in ospedale in questo periodo non mi affascina tantissimo!
Abbiamo scritto una mail per chiedere informazioni e ci hanno risposto con un appuntamento, assicurandoci che si poteva effettuare in sicurezza. Il neurologo che segue Chiara non l’abbiamo scelto noi, lo assegna l’ospedale. Quando è nata Chiara, dopo circa due mesi che eravamo a casa con lei, abbiamo avuto il primo appuntamento con lui.
La prima impressione non è stata delle migliori, appena ci ha visto si è subito lamentato del fatto che ci fossimo entrambi; “ ne basta uno di genitore”, disse guardando Cosimo in faccia che immediatamente rispose che lui non sarebbe rimasto fuori dalla porta (quanto amo quest’uomo!!).
Ci fece entrare, pesò Chiara, prese la lunghezza e poi iniziò quello che io chiamo “il terzo grado” su Chiara. Io lo so che tutte quelle domande sono utilissime, anzi, fondamentali per fargli capire lo “stato” della bambina, ma la prima volta fu una tortura.Uscii da quella visita senza aver capito come fosse andata, poi due settimane dopo arrivò la lettera con il riassunto della visita e fu mentre scorrevo il dito sulle varie frasi in tedesco e in “medichese” (ho imparato col tempo a capirci qualcosa) che lessi “ mongolismo”…eh no caro! Qui non ci siamo! Dai, lo sanno tutti che questa parola non si usa più! Ma non lo sai? L’istinto fu quello di prendere in mano il telefono e dirgliene quattro, ma poi mi calmai e mi dissi che dovevo pazientare e aspettare la visita successiva, per dirgli due cosine.
Due mesi dopo, eravamo da sole, Chiara ed io, entrando ci fece le solite domande e poi iniziò ad osservare Chiara, fu allora che gli dissi che avrei molto apprezzato se sulla lettera avesse scritto Trisomia 21 o Sindrome di Down e non mongolismo, questa parola, oltre ad essere offensiva non è veritiera perché Chiara e gli altri bambini non sono affatto stupidi.
Mi guardò stranito, e mi chiese se avessi studiato medicina. Gli risposi che avevo studiato economia, ma non per questo mi sono fermata li. Sapevo benissimo cosa fosse la Sindrome di Down ben prima di avere la diagnosi a 12 settimane di gravidanza. Gli dissi che l’ignoranza si combatte, leggendo e studiando anche altro, non solo quelle cose per cui abbiamo il talento di capirle subito.
Certo, prima di Chiara sapevo molte cose ma a grandi linee; è stato dopo che approfondendo, ho capito che quello che sapevo era solo la punta dell’iceberg!
Quanti di voi possono dire la stessa cosa?
Che cosa avete provato quando per la prima volta avete incontrato una persona con la sindrome?
A chi avete chiesto?
Sicuramente se vi è successo quando eravate bambini, come nel mio caso, vi sarete rivolti al vostro adulto di riferimento e quello che vi ha detto, quasi certamente ha condizionato il vostro pensiero.
Non sono qui a dare colpe, sono qui per cambiare il punto di vista.
Molto probabilmente avrete sentito parlare di quello che è successo in un famoso reality italiano; ecco quella è ignoranza! Non solo di chi quella parola l’ha pronunciata come se non avesse peso, ma anche di una tv che ormai per fare ascolti, lascia fare, non educa più. Quanto lavoro c’è ancora da fare!
Ma torniamo a noi e al nostro neurologo.
Di lui apprezzo che è pignolo, minuzioso ma odiavo il fatto che non sorridesse mai.Uso il passato perché adesso quando vede Chiara, e spero altri bambini, lui sorride! Non è stato una cosa immediata, ma io e Cosimo ci abbiamo messo e ci mettiamo ogni giorno la faccia, per cambiare il punto di vista sulla sindrome. Il cambio di prospettiva c’è stato quando l’anno scorso, ad Agosto, siamo riusciti a far venire a Villach i medici che si occupano delle visite e della ricerca sulla Sindrome di Down a Bologna. Io che ancora certe volte devo imparare ad affidarmi davvero alla Provvidenza, credevo che saremmo stati sono noi come famiglia e i medici, al massimo qualche amico a supportarci ed invece, quello che è stata quella serata è qualcosa che non so spiegare! Noi, altri genitori, medici (tra i quali pediatra e neurologo), gente che voleva informarsi, insomma un successo. Il dottore, e non solo lui, uscendo da quel salone quella sera sorrideva per davvero! Un bel sorriso!
Cosimo mi ha detto che ha la locandina della serata appesa in studio! Questo è quello che ci fa felici! Arrivare dove prima c’era solo freddezza e trasformarla, far capire che Chiara è Chiara, non è rappresentata da quel cromosoma ma è quel cromosoma che fa parte di lei, non la definisce, è una sua caratteristica ma non ne disegna il carattere!
Come scrissi in altri articoli, le parole sono importanti! Non definiamo Chiara e gli altri bimbi per quello che è scritto nel loro DNA! Impariamo a guardarli come persone!